SAN BENEDETTO DEL TRONTO – È recentissima l’uscita del romanzo “Due minuti a mezzanotte” di Mario Di Vito, giornalista e scrittore ascolano che vive a San Benedetto del Tronto. Abbiamo rivolto alcune domande all’autore, impegnato in questi giorni in incontri con il pubblico nelle librerie del territorio Piceno.
Come nasce la voglia di scrivere un romanzo e che differenze ci sono con la redazione giornalistica?
«Più che di voglia, parlerei di necessità. Nel senso che passo le giornate a scrivere ormai da anni a causa del mio lavoro di cronista. A un certo punto mi è venuta in mente una storia e l’ho scritta. Tutto qui. La differenza con il lavoro giornalistico, banalmente, è che non sono costretto a raccontare fatti reali. Anche se la differenza tra realtà è finzione è soltanto una sfumatura. Anzi, spesso la realtà è molto meno verosimile della finzione».
Due minuti a mezzanotte (Fila 37 editore) è la sua seconda fatica. Una storia dopo l’altra per il commissario Francesco Santacaterina, già alle prese con avvincenti indagini in Il male minore, uscito nel 2006. Come le è venuto questo personaggio?
«Santacaterina è un ex spacciatore, pieno di vizi e poliziotto per caso. Non mi andava di creare un personaggio che fosse del tutto buono, né, d’altra parte, del tutto cattivo. Così ho cercato di crearne uno che fosse pieno di difetti, come siamo un po’ tutti. Credo sia facile immedesimarsi in lui, soprattutto perché ci somiglia nelle nostre debolezze».
I ritmi incalzanti della narrazione, tra terrorismo, politica e religione portano il narratore in una dimensione molto contemporanea, si è ispirato al mondo che ci circonda?
«Inevitabilmente mi sono trovato a scrivere di quello che mi circonda. Comunque ‘Due minuti a mezzanotte’ è stato buttato giù in un paio di mesi alla fine del 2016, non troppo tempo fa, ma neanche troppo poco. Diciamo che già allora si respirava lo stesso clima di adesso: un clima non molto piacevole, a mio modo di vedere. Credo che tutto questo sia finito dentro al romanzo. Alla fine da circa cinquemila anni tutti scrivono sempre degli stessi argomenti: il bene, il male, l’amore, la morte, la guerra… La differenza penso stia per lo più nel contesto che lo scrittore decide di costruire intorno a questi temi».
Perché l’ambientazione nella quieta San Benedetto, tanto lontana da retroscena inquietanti? Un monito o un escamotage letterario?
«Non sono sicurissimo che San Benedetto sia poi così lontana dai retroscena più inquietanti. La provincia, in Italia, è sempre stata una grande riserva per l’orrore e, d’altra parte, si sa che ‘non tutti nella Capitale sbocciano i fiori del male’. Basti pensare a quello che è successo lo scorso febbraio a Macerata, quando Luca Traini ha deciso di mettersi a sparare in strada a tutte le persone con la pelle nera che incontrava. Nel romanzo ci sono scene simili. Non perché io abbia la palla di vetro e mi diverta a fare il Nostradamus della situazione, ma perché sono cose che capitano più spesso di quanto ci faccia piacere credere. Quello geografico, in definitiva, è un dettaglio: ‘Due minuti a mezzanotte’ è ambientato a San Benedetto, ma il luogo potrebbe essere una qualsiasi cittadina di provincia, in fondo».
L’idea di scegliere un personaggio e declinarlo in diverse storie sembra essere l’ultima tendenza letteraria. Dovendo scegliere tra film e serie, per un’eventuale ambientazione su pellicola del romanzo che tanto sembra il soggetto di una storia, che sceglierebbe?
«Il teatro, mi piacerebbe portare Santacaterina sul palcoscenico di un teatro. A parte gli scherzi – ma neanche poi tanto -, guardo molte serie televisive ma resto un appassionato di cinema. Il grande schermo e il buio della sala per me sono cose molto importanti. Comunque non mi pongo il problema: per ora Santacaterina è un personaggio di carta e farei molta fatica a dargli un volto preciso».