SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Giovanni Chiarini spiega le motivazioni che lo hanno condotto a prendere la scelta di secretare la seduta del consiglio comunale durante la votazione della mozione sul caso Troli-De Berardinis.
«Subito dopo aver ricevuto la mozione – spiega il presidente del consiglio comunale – le ho dato una letta, ed ho notato che soprattutto nella seconda parte vi erano riferimenti molto specifici alla vita personale del dirigente agli Affari Generali Roberto De Berardinis, come ad esempio la sua malattia.
Quindi, sottoponendo tale constatazione al segretario comunale, si è pensato che argomenti così delicati avrebbero potuto richiedere, per regolamento, una votazione segreta.
Mi preme però specificare che non si è trattato di una decisione discrezionale da parte mia o del segretario. Semplicemente, l’ipotesi è stata presa in esame, così come la possibilità di far sottoscrivere una liberatoria al consigliere Troli e al dirigente De Berardinis per far discutere la mozione in seduta aperta. Ma da un punto di vista normativo la cosa non sarebbe stata fattibile».
Un’obiezione piuttosto diffusa a questa tesi è che i comportamenti da discutere sarebbero oggettivi e anzi rilevabili dagli atti, e quindi dovrebbero essere affrontati nella massima trasparenza.
«Il problema è che il regolamento del consiglio comunale parla chiaro – risponde Chiarini – nella mozione si parla di attitudini morali e personali, quindi la scelta è stata presa per evitare che in futuro vengano presentati ricorsi per la mancata tutela dei soggetti di cui si parla».
La seduta, in ogni caso, non sarà dichiarata segreta a priori. Sarà invece il consiglio a decidere, esprimendo il volere di tutta l’assise, nella quale però la maggioranza avrebbe i numeri necessari per imporsi.
A rimanere nell’emiciclo, durante la discussione e votazione del punto 16 all’ordine del giorno, saranno solo i consiglieri, la giunta, il sindaco e il segretario comunale.