SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Chiudere il centro di San Benedetto al traffico e fare diventare il lungomare un grande giardino. Idee, pensieri e proposte dell’architetto Albino Scarpantoni sulla Riviera di oggi e del futuro.
Come si delinea lo sviluppo dell’urbanistica a San Benedetto? Le scelte dell’urbanizzazione selvaggia degli anni ‘60 hanno lasciato un’impronta negativa? Come dovrebbe essere oggi San Benedetto? Quali sono gli asset strategici? L’architetto Albino Scarpantoni, noto professionista che tanto ha fatto per la Riviera (dalle sue mani è nato anche – tra gli altri – l’ex Tribunale che ospita le scuole Curzi) ci fa un quadro per chiarire le idee.
«Le città italiane storiche hanno assunto forma definitiva nel medio evo: i centri storici sono tutti medioevali – basti notare che le rievocazioni storiche sono tutte attinenti a quel periodo. Poi fino al 1700 c’è stata una sorta di stasi, tranne che per qualche intervento a Roma, ma non c’è una fase successiva: dal 1200 si passa direttamente alla rivoluzione industriale, che ha fatto registrare le prime concentrazioni urbane, fino al boom del dopoguerra.
Negli anni ‘60 del 1900 infatti, la grande industrializzazione ha portato nelle città migliaia di ex contadini, e si è assistito alla cosiddetta urbanizzazione selvaggia. Essa però non è stata un male in toto, e con i dovuti distinguo (le carenze di aree verdi, le strade senza marciapiedi, la viabilità difficoltosa) ha portato a una nuova visione della vita comunitaria. Quest’ultima infatti, a causa delle esigenze delle industrie, si è sviluppata intorno a quella che prima era la periferia della San Benedetto antica, e da Viale De Gasperi verso sud ha condensato migliaia di metri cubi di nuove abitazioni. Ma non è stato tutto sbagliato.
Prima degli anni ‘60 il centro di San Benedetto ospitava le attività produttive, dopo il grande boom queste si sono spostate prima a Porto d’Ascoli e poi stono state trasferite nella periferia urbana, verso Centobuchi, con la rilevante tendenza che vede l’area urbana trasformarsi in residenziale.
In una prima fase importante dell’urbanistica degli anni del boom si realizzavano costruzioni di alto livello e di migliaia di metri di cubatura ad esempio in viale de Gasperi. Poi è arrivato lo sviluppo tumultuoso condotto dai privati non sempre rispettoso di standard adeguati. Oggi che i vincoli alla edificazione ci lasciano libera solo la zona di San Pio X, occorre demolire e ricostruire, secondo la logica della riqualificazione dell’esistente e non perdersi dietro querelle che lasciano il tempo che trovano.
Prendiamo il caso dei parcheggi: ai giorni nostri tutti hanno un’automobile, ma il problema del parcheggio è irrisolvibile, se non chiudendo il centro e bandendo le auto in città: al centro si va con i mezzi , quella dei parcheggi è un’inutile diatriba.
Il piano regolatore è quasi completamente attuato: rimangono da costruire a San Pio X un centinaio di migliaia di metri cubi; sono finiti gli spazi edificabili, prima si lavorava con cubature enormi. Quel mondo li è finito e oggi occorre puntare sulla riqualificazione: infatti le persone non vogliono l’usato, tutti vogliono i requisiti termoacustici, sismici e energetici; in genere questo processo avviene spontaneamente con tempi da pachiderma, dai cinquanta agli ottant’anni.
La concentrazione urbanistica a San Benedetto fa ridere, se paragonata a quella ad esempio di Montecarlo: più le città sono ricche e fiorenti, più sono concentrate. Adesso che è stato costruito un po’ ovunque si devono fare gli aggiustamenti del caso, con gli spazi verdi, che pure sono molti ma devono migliorare e aumentare.
Io sarei favorevole ai centri urbanizzati, quelli che concentrano molti abitanti: il risparmio dei costi – dei servizi, dall’allaccio del telefono e della luce, fino alle strade – va a tutto beneficio della comunità.
Le fasi storiche, possiamo ormai dirlo con cognizione di causa, sono tutte nuove, ma l’impianto urbanistico dura secoli: come si può prevedere e pianificare senza problemi per il futuro? Guardiamo alla grande Detroit: è scesa di un milione di abitanti e ha scelto di rinaturalizzare i propri spazi, radendo tutto al suolo per ricostruire secondo nuove logiche, più affini al nostro tempo.
Quindi si alla concentrazione urbana: Marche, Abruzzo e Molise su un territorio di 400 km di lunghezza hanno 1 milione e mezzo di abitanti, giusto la metà dei 3 milioni di residenti concentrati in città come Roma.
Certo non si può vivere in formicai, ma occorre trovare un giusto compromesso: il grande Giulio Cesare nel suo De urbe stabiliva la distanza tra le abitazioni in 10 piedi, circa tre metri odierni.
San Benedetto nel medio periodo crescerà poco, per molto tempo, poi in seguito potrebbe esserci un cambiamento anche dovuto alle trasformazioni causate dal terremoto, che potrebbe portare sulla costa abitanti dell’interland, certo sicuramente non prevedo avverrà il contrario.
Per quanto riguarda la viabilità, spostare il traffico a Grottammare non risolve il problema, lo porta solo più a nord. Occorre una visione più ampia: prevedere la terza corsia dell’A 14: l’attuale superstrada arretrata e spostata verso l’interno e ricongiunta a Alba Adriatica, potrebbe assolvere al compito di bretella. Infatti nel giro di 1 km abbiamo una zona super intasata di strutture di viabilità: nell’area di San Pio X vi sono 7 tratti viari, chi pensa di farne un altro è un pazzo.
Infine il lungomare, bellezza preziosa della Riviera: ci sono i progetti fatti dal grande Farnush Davarpanah che mi sembrano ottimi, sperando di vederli in opera. Il lungomare io personalmente lo chiuderei: lo farei diventare un grande giardino, completamento e sbocco naturale della nostra splendida spiaggia».
Quella di spostare l’A14 e renderla a tre corsie per carreggiata è un obbligo. Prima di tutto sarebbero insopportabili i lavori che durerebbero anni per la loro difficoltà. Vi sono infatti tunnel e cavalcavia a ripetizione, considerata l’orografia di SBT, Grottammare fino a Pedaso, in confronto al centro nord delle Marche.
Quindi la bretella diverrebbe l’attuale A14 con i dovuti raccordi funzionali per paesi e città interessate.
“Pazzo” chi pensa ad un percorso in più che si intrecci sull’A14 attuale. Ha ragione quindi l’Arch.Scarpantoni. Poi si potranno fare tutti i sogni che si vogliono…